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Tracciabilità dei rifiuti, il RenTRi non partirà prima del 2024

Stando al cronoprogramma presentato dal Ministero della Transizione Ecologica, l’avvio ufficiale del nuovo sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti si collocherà a cavallo tra 2023 e 2024

 

Il RenTRi non partirà prima della fine del 2023. È quanto emerge dal cronoprogramma presentato oggi dal Ministero della Transizione Ecologica in un incontro con i portatori d’interesse. Nel corso del webinar è stata illustrata la bozza di decreto ministeriale che, una volta in vigore, definirà la cornice giuridica del nuovo sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti, fissando procedure e adempimenti e introducendo, tra l’altro, i nuovi modelli digitali dei registri di carico e scarico e dei formulari d’identificazione. Stando a quanto comunicato dal MiTE, il regolamento, che dalla scorsa settimana è aperto alla consultazione degli stakeholder, sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale tra novembre e dicembre di quest’anno, dopo i passaggi al Consiglio di Stato, i due mesi di ‘standstill’ presso la Commissione Europea e acquisiti i pareri degli altri Ministeri. Il testo entrerà in vigore due mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta e, stando a alla bozza, da quel momento dovranno passare dodici mesi prima dell’apertura delle prime iscrizioni. Che procederanno a blocchi, a seconda delle dimensioni di enti e imprese obbligati. Il cronoprogramma, insomma, collocherebbe l’avvio ufficiale della piattaforma a cavallo tra 2023 e 2024.

A definire le procedure operative, inclusi tempi e modalità della trasmissione al RenTRi dei dati di registri e formulari, saranno uno o più decreti direttoriali, si legge nella bozza. L’obiettivo, spiega il MiTE, è averli già pronti per la data di entrata in vigore del decreto ministeriale. “La nostra ambizione è quella di approvare il regolamento e, contestualmente, i decreti direttoriali attuativi – spiega Carlo Zaghi, direttore generale per il mare e le coste del MiTE – a quel punto la macchina sarà pienamente funzionante” ma le imprese obbligate avranno dai dodici ai trenta mesi di tempo per avvicinarsi alla piattaforma e testarne le funzionalità. Insomma, il RenTRi non partirà con un ‘click day’, come quello catastrofico che accompagnò il debutto del Sistri. Ma la discontinuità con il primo, controverso sistema di tracciabilità, abolito nel 2019, sarà anche economica, garantisce il MiTE. “Gli oneri di iscrizione per i soggetti obbligati – ha sottolineato Zaghi – saranno sensibilmente inferiori rispetto a quelli del Sistri”. Merito anche di una infrastruttura più snella che, stando alla bozza di decreto, non prevedrà l’installazione di nuovo hardware come le chiavette usb e le ‘black box’ del Sistri.

Nel frattempo procede la sperimentazione tecnica per la messa a punto del prototipo del RenTRi. che sta coinvolgendo 300 tra imprese e associazioni di categoria, con 1400 utenti accreditati e 1100 posizioni aperte per la trasmissione dei dati dei registri di carico e scarico, anche tramite gli applicativi integrati nei principali software gestionali. “Sono state portate a termine 200mila operazioni di trasmissione dei dati dei registri tramite interoperabilità – ha spiegato il presidente dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali Daniele Gizzi – e 20mila operazioni dirette, eseguite sul portale dell’Albo dagli utenti non dotati di software gestionali”. Numeri importanti anche per le ultimissime funzionalità sviluppate nell’ambito del laboratorio, quelle per l’invio al RenTri dei dati dei formulari di identificazione dei rifiuti. “L’interoperabilità sui fir è stata introdotta a fine dicembre 2021 – ha chiarito Gizzi – e in cinque mesi sono stati emessi 150mila formulari tramite software gestionali, mentre 300 sono stati inviati tramite il portale dell’Albo”. La sperimentazione, ha aggiunto il presidente dell’Albo, “andrà avanti fino alla pubblicazione del decreto ministeriale”.

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